L’editoriale di novembre è dedicato a un autore conosciuto in ambito fantasy e che di recente ha iniziato a esplorare anche nuovi generi.

È giornalista ed editor, oltre che fondatore con Valerio la Martire dell’agenzia letteraria “Tracce d’Inchiostro”.

Come sempre accade nei miei editoriali,  gli ho chiesto di regalarci un sogno e lui ci parla di scuola… secondo me, perché era un secchione pauroso!

Ma non ci siamo fermati tra le mura della scuola, abbiamo parlato anche di lucidità e follia, di creatività. E abbiamo anche una confessione…

Non vi dico altro, leggetevi l’intervista onirica e buon divertimento!

Raccontaci il tuo sogno.

Comincia tutto con me che mi ritrovo in una scuola media, sono grande, ma la frequento da studente, e vengo “bullizzato” da alcuni ragazzini perché sono nuovo e perché sono “grande” (premetto che da piccolo nella realtà non sono mai stato bullizzato, quindi l’effetto è stato ancora più forte nel sogno). Poi mi ritrovo in classe con due studenti, una ragazzina, che non sapevo chi fosse, e un ragazzino, che invece (pare) fosse il mio migliore amico (o almeno così si è presentato lui). Il professore ci fa una lezione di algebra e io penso che invece preferirei farne una di italiano. Poi suona la campanella e io raccolgo le mie cose, tra cui un cellulare vecchissimo, sebbene veda spuntare dal mio zaino uno smarthphone che mi affretto a nascondere pensando (non capirebbero nemmeno che cos’è, facendo quindi sorgere in me una serie di dubbi: sono tornato indietro nel tempo? Sono in un universo parallelo? Sono stato in coma per anni e mi sono svegliato tornando a scuola? Boh!) Comunque usciamo e col mio “amico” ci dirigiamo a casa. Una ragazza grande (sui trent’anni) mi vede e mi fa: “Ma vai a scuola lì? Sembri più grande”. E io penso: non sai quanto sono più grande… Poi il mio amico mi saluta e io: “Ma dove vai?” Lui mi guarda stupito: “Verso casa, no? Lo sai che abito qui”. Io dissimulo farfugliando qualcosa. Rimasto solo voglio correre verso casa mia, ma qui mi succede una cosa tipica dei miei sogni: quando provo a correre o anche solo ad affrettare il passo, non riesco ed è come se avessi i piedi ancorati a terra, tanto che mi devo dare la spinta con le mani per riuscire a procedere (e ‘sta cosa mi succede spessissimo di sognarla). Poi, a pochi passi da casa (non la mia, ma quella dei miei genitori dove ovviamente vivevo da bambino/ragazzo) mi sveglio.

In questo sogno mantieni una certa lucidità. È una tua caratteristica?

Diciamo che nella vita reale alterno momenti di lucidità ad altri di follia pura. Per fortuna nel lavoro e nella scrittura riesco a essere lucido e concentrato e riservo la follia ai momenti di svago.

Com’è stato il periodo in cui frequentavi le medie?

Beh, scolasticamente parlando me la cavavo. Ho sempre avuto buoni voti a scuola e alle medie non facevo eccezione. Sono poi sempre stato uno che si integrava bene e quindi anche con i compagni non ho avuto chissà quali problemi. Le medie, però, sono forse state anche il periodo “peggiore” in quanto ho cambiato zona rispetto alle elementari e la scuola in cui sono andato… diciamo che sarebbe potuta essere teatro di un romanzo di Stephen King: c’erano i bulli, le ragazzine un po’ disinibite, i pluribocciati, i nerd, ecc. Insomma, diciamo che è stato l’unico momento (soprattutto la prima media) in cui ho avuto qualche difficoltà “ambientale”.

Ti è mai capitato di dover tornare in un luogo o in una situazione che ritenevi chiusa per sistemare qualcosa? Come hai vissuto questa esperienza?

Più ci penso, più mi pare che no, non mi è mai capitato di dover tornare indietro per risolvere qualcosa di aperto. E a dire la verità in diverse occasioni mi sarebbe piaciuto. Chissà, forse non è ancora arrivato il momento di risolvere questioni passate e magari prima o poi toccherà fare anche questa.

Nel sogno vieni bullizzato. Come ti rapporti alle situazioni di sopruso?

Domanda difficile… Credo di essere abbastanza diplomatico (fino a un certo limite), quindi di fronte a una situazione di sopruso reagisco con l’ironia e la diplomazia, cercando di mediare. Ovvio che se la situazione persiste, passo al contrattacco.

Nella tua risposta precedente ci hai raccontato che nella scrittura rimani lucido e concentrato. Trovi quindi il modo di incanalare la spinta creativa?

Non so se si possa dire così. Quello che so è che sono abbastanza metodico nella scrittura, non perché debba, ma perché mi piace. Ho l’abitudine di ritagliarmi sempre una fetta tutta mia, dedicata solo ai miei libri e alle mie storie, ed è in quella “fetta” di tempo che riesco a incanalare la spinta creativa. In quei momenti mi metto seduto, col pc davanti e nessuna distrazione, e lascio andare la mente e le dita.

Descrivici un’immagine di pura follia?

Allora, non so se sia un’immagine di pura follia, però ho questo ricordo (reale, non inventato). Ero un bambino (avrò avuto 5, forse 6 anni). Eravamo a cena fuori in un ristorante con parenti e amici. Mi ricordo che eravamo a mangiare all’esterno e c’erano delle cannucce di bambù che recintavano la parte esterna del ristorante. A un certo punto avverto come una presenza che mi attira. Mi avvicino alle cannucce e guardo nella fessura tra una canna e l’altra. Vedo due occhi verdi che mi fissano. Sono tornato terrorizzato al tavolo e ancora oggi mi domando: cosa ho visto?

Nel sogno ad un certo punto spunta uno smartphone che tu nascondi perché non capirebbero che cosa sia. C’è qualcosa nella tua vita che nascondi perché non sarebbe compreso?

Che gioco con i soldatini vale? Ok, tornando seri, in effetti è questa una cosa che non tengo proprio nascosta, ma che nemmeno sbandiero, anzi. Gioco infatti a wargame fantasy con miniature (un modo elegante per dire che gioco a delle guerre simulate con dei pupazzetti in un contesto fantasy). È una cosa che non tutti capiscono, pensando appunto sia una cosa infantile (e magari lo è, ma chi se ne frega) e quindi non la sbandiero ai quattro venti, ma la confido raramente perché non tutti capirebbero (e capiscono).

Questo gioco che fai è anche un modo per assumere forme che magari non avremmo la possibilità di toccare nel quotidiano. Anche scrivere rappresenta questo per te?

Assolutamente sì. Scrivere è senz’altro anche questo. È viaggiare (almeno per me) in altri mondi e in altre situazioni. Che scriva un fantasy o un altro genere, scrivere mi permette di creare mondi, eventi e situazioni che di sicuro non appartengono al quotidiano.

Grazie Stefano per questo bello scambio!

Alla prossima.