Daniele: Bentornati alle interviste più dinamiche del Lunedì, cosa piuttosto semplice dato che il Lunedì siamo tutti un po’ dei bradipi in coma. Quest’oggi, per festeggiare la chiusura della stagione e l’arrivo della pausa estiva, volevo proporvi un ospite d’eccezione. Un uomo la cui lunga ombra terrorizza tutti gli autori Dark Zone, un autore dalla penna rapida e micidiale come la spada di Zorro e un giovane dal cuore d’oro, sempre pronto a farsi in quattro per tutti. Ecco a voi, Stefano Mancini.

Daniele: Benvenuto mister Mancini, permettimi di accoglierti nel ricco salotto della Dark Zone che conosci anche meglio di me. Pronto ad affrontare questa meravigliosa intervista in cui metteremo alla prova la tua pazienza. Innanzitutto, dopo un dovuto ringraziamento per averci guidati alla vittoria degli Europei di calcio, direi d’iniziare subito a parlare del tuo romanzo: Ostilium, la Porta dei Demoni. Partiamo col botto. Dove Porta questa Porta e perché è tanto imPortante?

Stefano: Ciao Daniele e grazie per l’ospitalità. È dura essere qui, oggi, considerando le cene e gli inviti che sto ricevendo per aver riportato in alto il calcio italiano, ma per la Dark Zone e per te faccio volentieri uno strappo.
Ostilium… sì, ricordo questo nome… (cit.) Scherzi a parte, Ostilium – La porta dei demoni è uno dei romanzi cui sono più legato, un fantasy che mi ha permesso di scegliere strade fino ad allora mai battute, appoggiandomi a dei personaggi diversi dagli eroi epici cui siamo magari abituati a vedere nei fantasy più tradizionali. Quindi sì, in definitiva è un bellissimo libro e consiglio a tutti di varcare quella porta (dove porta non importa, se è una porta da qualche parte porta).

D: Scherzi a parte, Ostilium è un libro molto particolare, giocato su un’abile gestione del punto di vista e dal ritmo molto serrato. Proprio come da te anticipato, durante la lettura mi hanno affascinato tantissimo i protagonisti. Cosa ti ha spinto a scegliere un gruppo di personaggi così sporco, debole ed eroico al tempo stesso?

S: Ecco, ho anticipato in parte la tua domanda, ma vado volentieri più nel dettaglio e colgo l’occasione per ringraziarti dei complimenti (i lettori di questa intervista non possono vedermi mentre faccio scivolare cento euro sul tavolo tra noi). Come accennavo nella risposta precedente, l’idea di avere questi personaggi un po’ anticonvenzionali mi è venuta perché volevo percorrere strade diverse dal solito. E dare voce a degli antieroi, a personaggi che hanno obiettivi meno nobili di quanto siamo abituati a vedere/leggere. Inoltre mi piaceva anche la possibilità di avere un personaggio il cui nome (così come la sua identità) fosse andato perdendosi negli anni, per finire a essere caratterizzato solo dalla sua professione. Spersonalizzare quest’uomo mi ha permesso di creare un personaggio unico, ricco a mio avviso di sfaccettature, diverso dai tantissimi a cui avevo dato vita fino a quel momento.

D: In effetti, è stato proprio quel personaggio a restare più nel mio cuore. Ma parliamo un po’ di demoni. Credi che i demoni presenti nei libri fantasy siano semplicemente delle creature feroci come tante altre o possano essere l’incarnazione del lato peggiore degli esseri umani?

S: Beh, ci sono tanti demoni, a mio avviso, con cui ci si può confrontare e con cui possono farlo i nostri personaggi letterari. I demoni di Ostilium sono creature bestiali; non gli ho volutamente dato una caratterizzazione più profonda, un’intelligenza più sviluppata, perché di fatto i protagonisti stessi del romanzo lottano con i loro demoni interiori e quindi il contrasto mi sembrava desse maggiori possibilità di lettura al testo.

D: Un altro tema importante di Tullum Ostilium, antenato romano del tuo romanzo, è il concetto di soglia. In fondo una porta da varcare non è altro che una fenditura nel velo di Maya. Che ne pensi? Ma soprattutto, questo meraviglioso libro avrà un seguito prima o poi?

S: Grazie per il “meraviglioso libro” (e so altri cento euro, mi stai costando un patrimonio). Una porta da varcare ti costringe a fare una scelta, a buttarti oltre e a prepararti a qualunque cosa ci sia al di là. È su quella base che i miei protagonisti devono decidere: avranno il coraggio di guardare oltre l’Ostilium?

D: L’abilità con cui hai evitato di rispondere sul seguito ti costerà altri cento euro, sappilo. Ora, però, vorrei porre una domanda al tuo alter ego editor, un quesito che si colloca nell’eterna sfida tra autori e addetti ai lavori. Secondo te, un editing troppo preciso non rischia d’impoverire un’opera, permettendo al tecnicismo di avere la meglio sui contenuti?

S: Mamma mia, domanda difficile… Ti rispondo (e sebbene la pensi così anch’io non sono parole mie, ma di editor decisamente più bravi di me) che un editing fatto bene non rischia mai di andare incontro a questo pericolo, perché è sempre rispettoso della voce e dei contenuti di un manoscritto. Un editor non impone, ma suggerisce e consiglia; e se è bravo sa fin dove deve spingersi, senza rischiare di alterare il testo.

D: Cosa più facile a dirsi che a farsi, ma passiamo all’attualità. Siamo campioni d’Europaaaa! Scherzi a parte, nell’ultimo anno l’Italia si è distinta come un’eccellenza in molti campi, di cui sport e musica sono solo i due esempi più appariscenti. Eppure, non mancano le polemiche sulla condotta a volte poco rispettosa delle minoranze. Credi che il nostro paese debba ancora crescere da questo punto di vista?

S: Decisamente sì. Il nostro è un grande Paese, ma a volte manca di coraggio. Se ci facciamo caso, noi arriviamo sempre con largo ritardo rispetto ad altri Paesi, perché siamo abituati a valutare tutto troppo a lungo; vogliamo prima assicurarci che quella determinata cosa sia effettivamente fattibile, abbia effettivamente vantaggi e sia effettivamente accettabile dalla maggioranza, prima di osare. E questo comporta ritardi mostruosi, che ci rallentano e non ci permettono di essere mai al passo coi tempi, ma sempre a inseguire. E vale per i diritti civili e il rispetto dell’altro, così come per l’arte e lo sport.

D: Un punto di vista molto interessante, il tuo, di cui non si parla molto spesso. Ma torniamo a occuparci di letteratura e di una tematica che sta a cuore a tutti gli inguaribili romantici che vorrebbero uno Shakespeare redivivo per gustarsi altre tragedie. Qual è il giusto spazio di una storia d’amore all’interno di un libro? In particolare, sarebbe interessante capire qual è il suo ruolo all’interno dei tuoi lavori, in cui a fare da padroni sono spesso personaggi al limite.

S: Mah, ti dirò… l’amore è sopravvalutato. Scherzi a parte, credo che i sentimenti, così come ogni altra componente, debbano essere funzionali alla storia, se li si vuole sfruttare al meglio. Non si può dire: voglio un chilo e mezzo di sesso in un thriller dove i protagonisti sono sempre in fuga; o una serie di serate romantiche al chiaro di luna in un fantasy dove siamo nel bel mezzo di una guerra tra razze.
Nei miei romanzi, lo ammetto, do spazio ad altre tematiche, ma perché credo che l’amore (così come nella realtà) possa nascere sul giusto terreno e col giusto approccio. Se sei impegnato a scappare da bande di demoni, non hai tutto questo tempo di fermarti a pensare ai tuoi sentimenti.

D: Onesto. Legata a questa domanda, di rito, c’è quella dedicata alle sfumature a luci rosse. Vero che la Porta dei Demoni porta a uno strip-club popolato da succubi? Al di là dell’ironia, tu per mestiere leggi centinaia di libri. Credi che l’aspetto sensuale possa essere un valore aggiunto o solo una delle tante facce di tematiche differenti e più intime?

S: Ora hai svelato il segreto dell’Ostilium. Dovrò ucciderti, ma sarà una morte indolore, ci penseranno le succubi a te… Battutacce a parte, credo che in un romanzo qualunque valore possa essere un “quid” in più, nel momento in cui dà effettivamente un qualcosa alla storia e non è stato messo lì tanto per esserci o, peggio ancora, tanto per fare “moda”.

D: A bruciapelo. Qual è, secondo te, il più grande scrittore mai esistito? E perché proprio l’anonimo autore delle frasi dei baci perugina.

S: Mah, il perché proprio lui è presto detto: perché sono io. Non per vantarmi ma… “Mi manchi come il ventilatore nei secondi in cui oscilla verso il muro” sono frasi che credo possano cambiare la vita a tantissime persone. Resto umile, ma so di essere un talento cristallino che prima o poi sarà riconosciuto e amato da tutti.

D: Ci avviamo alla conclusione e mi piacerebbe sentirti parlare un po’ di te. Oltre a farti i complimenti per l’umiltà e il sorriso sempre presente sulle labbra, non possiamo astenerci dal commentare la tua grande professionalità come editor. Ti va di parlarci un po’ di come funziona questo mestiere?

S: Ok, parliamone. Ma questi sono gli ultimi cento euro. Basta complimenti che mi emoziono (anche il mio portafogli si emoziona, lo svuoti di tutto).
Ci sarebbe davvero tanto da parlare del mestiere di editor. Facendola breve, posso dire che è un mestiere che adoro, una professione che coltivo ormai da moltissimi anni e che mi ha dato tante soddisfazioni.
L’editor, come accennavo in un’altra domanda, non impone mai, è un amico invisibile dello scrittore: suggerisce, consiglia, dà la sua interpretazione e soprattutto, a mio avviso, crea un legame con l’autore; per questo il dialogo è fondamentale. I passaggi più belli nati dopo un editing sono quelli frutto di ore di vocali su WhatsApp con i “miei” autori, in cui parlavamo, ci confrontavamo, valutavamo le nostre posizioni e le nostre idee e da quelle chiacchierate sono nate modifiche che hanno poi dato un’effettiva spinta in più al manoscritto.

D: Ultimissima domanda. Meglio vivere di scrittura ma occupandosi di un genere che non amiamo oppure scrivere ciò che ci va ma con l’obbligo di sostentarci altrimenti?

S: Sempre meglio scrivere ciò che ci piace. La scrittura, come ogni forma d’arte, nasce da dentro e risponde a un bisogno che non ha nulla a che vedere con il guadagno. Si scrive anzitutto per se stessi. E se ci obblighiamo a scrivere qualcosa che non è nelle nostre corde, non sarà sincero al cento per cento, non avrà la forza giusta e quindi, in definitiva, non sarà del tutto sincero con i lettori. E loro se ne accorgeranno.

D: E con questa perla di saggezza (ma mai saggia come quella del ventilatore), salutiamo Stefano e lo ringraziamo per essere stato con noi. Con la sua intervista si conclude il primo ciclo delle Interviste Scemiserie. Nella speranza che vi siano piaciute torneremo a settembre con tutti gli autori che non avete ancora avuto modo d’incontrare. Perciò non lasciateveli scappare.
Buone vacanze a tutti e un in bocca al lupo per tutte le vostre prossime avventure.
Con affetto.

Daniele Viaroli