Buongiorno, oscuri.

Il primo mercoledì del mese è dedicato alle interviste oniriche, è inutile che facciate quella faccia, ormai lo sapete.

E poi ho un ospite speciale qui con me.

Uno che guarda l’orizzonte, assorto in pensieri, e si ritrova inseguito dagli squali.

Con lui ho parlato di acqua, di obiettivi, del sentirsi braccati, di emozioni potenti e di momenti in cui si dice basta.

Signori e signore, Davide Stocovaz!

 

Davide, raccontaci il tuo sogno.

Mi è tornato in mente un sogno, un incubo, che mi perseguitò per un paio di settimane, tempo fa.

Stavo in piedi, in cima al molo Audace a Trieste. guardavo l’orizzonte perso nei miei pensieri. A un tratto, il cielo si è oscurato: nuvole cariche di pioggia si sono addensate gravando su di me. Il mare ha preso a gonfiarsi, e la marea ha iniziato a coprire il molo. Ciò che vidi in acqua mi paralizzò: grosse sagome scure fendevano la superficie con le loro pinne triangolari. Erano squali.

Ce n’erano a centinaia. Io cominciai subito a correre verso la città, ma il mare si stava inghiottendo il molo. Poi iniziò a diluviare. Gli squali erano sempre lì, sempre più grossi e vicini. E io arrancavo nell’acqua che si faceva sempre più alta. Il molo stesso pareva infinito, anche se vedevo la cittá in lontananza. Faticavo a stare in piedi. Sapevo che cadere significava morire. Resistevo, avanzavo, ora con l’acqua giá al petto. E la città ancora lontana. Un altro passo, lento, poi udii uno sciabordio dietro di me.

Mi sono svegliato di soprassalto, una coperta di sudore.

Che rapporto hai con il mare?

Ho un rapporto strano col mare. Essendo nato e cresciuto in una città di mare, quand’ero più giovane, facevo lunghe immersioni sotto costa. Ho fatto anche qualche gita in barca a vela con un mio caro amico.

Devo ammettere, però, che il mare mi ha sempre un pò inquietato: quella sua superficie così apparentemente calma, a volte, può celare chissà quali insidie. In effetti, non siamo animali marini, quando ci addentriamo nelle sue acque siamo suoi ospiti, alieni in un mondo che non ci appartiene.

L’acqua rappresenta simbolicamente il mondo emotivo. Cosa ci dice del tuo rapporto con le emozioni questo sogno?

Fin da bambino, ho sempre avuto una certa difficoltà a tenere sotto controllo le mie emozioni. Quando queste sono forti o particolarmente intense, fatico a gestirle e, a volte, mi logorano. Forse, appunto, sono questi gli squali enormi in agguato nelle profondità del mio essere.

Queste emozioni forti come entrano nella tua vita di scrittore? La alimentano, la ispirano? O ne rimangono fuori?

Ci entrano appieno. Sono come un fuoco interiore che ispira trame e personaggi. Ho un tipo di scrittura ‘attiva’ nel senso che provo le stesse emozioni dei miei personaggi. O faccio provare a loro le mie emozioni vissute.

Il momento che precede la scrittura assomiglia a quel tuo stare davanti al mare in un momento di pace? Una sorta di quiete prima della tempesta?

Dipende dalla scena che devo scrivere. Se è un momento di respiro sì, e sono rilassato anche io. Se è una scena d’azione o carica di peso emotivo, vado a pescare quegli stati d’animo adatti per descriverla, vivendola al tempo stesso.

Nel sogno c’è questa città che tu vedi, ma non raggiungi. Com’è il tuo rapporto con gli obiettivi, con le mete che ti prefiggi di raggiungere? Ma prima di tutto, hai l’abitudine di crearti degli obiettivi?

Sì, ho l’abitudine di crearmi degli obiettivi. Ho obiettivi a corto raggio, che cerco di raggiungere in poco tempo e al meglio. Poi ci sono obiettivi a lungo raggio, che richiedono più tempo e lavoro. Mi ci dedico passo dopo passo, con calma e determinazione. Nella maggior parte dei casi, riesco a portarli a termine.

E con la scrittura come funziona? Ti poni obiettivi o lasci fluire la creatività con i suoi tempi?

È un misto tra le due cose. Mi pongo l’obiettivo di scrivere una storia, quella che sento di più al momento, poi lascio fermentare le idee finché non ho una visione chiara dei personaggi e della trama. Poi mi pongo di scrivere una scaletta degli eventi, solo alla fine passo alla prima stesura della storia.

Nel sogno sei braccato. Nella vita reale ti è mai capitato di inseguire qualcosa?

Certo. Inseguo costantemente il desiderio di poter scrivere ancora e ancora. Inseguo il sogno, il progetto, di diventare un bravo scrittore e di poter raccontare nuove storie.
Ci sono stati diversi momenti, durante il mio percorso, in cui ho detto basta, o peggio ancora, in cui non avevo le forze. Poi però la pulsione interiore, quel fuoco sacro, si riaccendeva e mi costringeva a tornare sul foglio bianco. Eh sì, non posso immaginarmi di non poter scrivere. Sarebbe un morire dentro.
Grazie, Davide!
Le mie interviste oniriche tornano il mese prossimo, vi lascio con il romanzo di Davide, Krampus, che trovate dispobibile allo shop.