DANIELE: Buon lunedì e ben tornati all’angolo di interviste più fulminato della Dark Zone. Come vi sentite? Elettrici? Fuori le dita dalla presa della corrente che un ospite d’eccezione vi aspetta. Oggi avremo con noi Paolo Fumagalli, autore tra gli altri di Bucaneve nel Regno Sotterraneo e La Città delle Ombre. Tra serio e faceto cercheremo di scoprire tutti i suoi segreti più intimi. No, la foto nudo non ce l’abbiamo, spiace, ma abbiamo quella presa dal Matrix. Ma andiamo a cominciare.

D: Ciao Paolo, benvenuto e ben accomodato sulla nostra sedia elettrica. Ora che ti abbiamo iniettato il siero della verità possiamo cominciare con la nostra bellissima intervista. I tuoi lavori spaziano tra le più disparate caratteristiche del fantastico, dalle favole al fantasy vero e proprio. Da dove viene un’ispirazione tanto ampia?

PAOLO: Buongiorno a tutti. Devo dire che è una sedia molto comoda, almeno finché continua il blackout e non c’è corrente… Penso che mi piaccia scrivere cose diverse soprattutto perché mi piace leggerle. Amo più o meno tutto ciò che riguarda il fantastico, dalle fiabe all’horror, dalle leggende al fantasy in ogni variante. Mi interessano molto anche gli studi sul folclore, leggo volentieri saggi sulle creature fatate e mitiche e sull’occulto. Inoltre, per ragioni di studio ho affrontato diversi poemi cavallereschi, opere epiche e tutta una serie di testi che presentano molti tratti fantastici, quindi ai miei occhi la letteratura legata all’immaginario è davvero ampia e importante.

D: Sono molto d’accordo con te. Ogni sottogenere ha davvero mille sfumature da trasmettere e analizzare. Ma andiamo con ordine. Un giorno scherzando ti dissi che Bucaneve mi ricordava un misto tra i biscotti e una droga, in realtà è una storia bellissima e molto profonda. Quali sono le sue tematiche? E perché hai scelto di scrivere una cosa simile?

R: Avevo voglia di scrivere una fiaba che fosse vicina ad alcune caratteristiche delle storie su Alice narrate da Lewis Carroll, mi piaceva l’idea di creare personaggi e ambientazioni onirici ma anche divertenti. In un certo senso “Bucaneve nel Regno Sotterraneo” mette in discussione la distinzione tra ciò che è sinistro e ciò che è rassicurante, è un vortice in cui elementi tetri e buffi si scambiano di posto e mischiano fra loro. Forse mi allettava anche la possibilità di conciliare alcuni opposti, di ridimensionare un po’ la paura che tutti abbiamo della morte. Il nome Bucaneve rimanda proprio alla capacità di resistere al gelo metaforico e di sbocciare di nuovo. È la luce che riappare dopo le tenebre, dimostrando anzi che non c’è ragione di temerle tanto.

D: La Città delle Ombre, invece, ha una struttura molto particolare e una grande attenzione per i personaggi. E credo che sempre più, nella letteratura moderna, siano i personaggi a fare da padroni. Qual è il tuo preferito tra i tuoi? E cosa pensi possa trasmettere al prossimo?

R: In questo romanzo i personaggi sono davvero importanti. Ho cercato di dare molto spessore anche a un antagonista demoniaco e crudele come l’angelo caduto Lucifugo e a una protagonista dura e spesso spietata come la vampira Melanie. Volevo che fossero carismatici e a tutto tondo e, nel caso di Melanie, che durante lo svolgersi della storia ci fosse una crescita che la rendesse più empatica e simpatica senza negare la sua natura di creatura tenebrosa. Devo dire, però, che quelli a cui mi sento più vicino sono la dea decaduta Diana e il detective/sciamano Travis. A modo loro, sono quelli che esprimono gli ideali più alti, che rappresentano il legame sia con la natura sia con il soprannaturale. Sono anche simboli del potere dell’immaginazione, della capacità della fantasia di resistere alle forze che cercano di imprigionarla o eliminarla. Invitano a combattere per le cose in cui crediamo e a cercare una visione più profonda e completa del mondo che ci circonda.

D: Sempre per rimanere in contatto coi tuoi libri, nell’ultimo citato si parla anche di non-morte. E con altri autori era capitato di parlare di non-vita. Secondo te, cosa ci aspetta dopo l’ultima soglia? Un limbo verde in cui dedicarci all’ozio letterario? Una nuova vita immersa nella luce? Oppure, dopo anni di perdizione, il ritorno in vita come zombie affamati di cervelli e quindi destinati a morire di fame?

R: Sinceramente non so proprio che cosa aspettarmi. Molte visioni dell’Aldilà mi sembrano confortanti ma parecchio limitate, mentre altre al contrario sono più profonde ma tanto astratte da essere difficili da capire. Io spero che, nel caso in cui ci sia effettivamente qualcosa, sia almeno portatore di grande serenità e di un senso di comunione con tutto l’universo. Se invece dobbiamo ritornare come non-morti, mi auguro che la nostra dieta sia più varia e gustosa di quanto si dice di solito. Insomma, sangue e cervelli non sono il massimo. Non si può sostituire con pizza, birra e patatine, ad esempio?

D: Se tu fossi un non-morto, quale potere ti piacerebbe avere? Non pensi che sarebbero dei supereroi perfetti? In fondo hanno grandi poteri, un nascondiglio segreto e spesso un compare fidato.

R: Mi vedrei bene come vampiro, amo molto questa figura e le variazioni che si possono costruire sopra la tradizione. Nella mia nuova incarnazione sarei un ottimo supereroe, anche se chiunque potrebbe sfuggirmi compiendo i suoi crimini durante il giorno! Inoltre dovreste darmi un ottimo motivo per salvare gli umani invece di dissanguarli. Scherzi a parte, penso che in un contesto urban fantasy i vampiri possano essere eroi credibili e molto potenti, il problema è trovare un equilibrio e non renderli troppo generosi e disinteressati. Un vampiro è fondamentalmente un egoista, bisogna fargli trovare una buona ragione per opporsi alle altre forze del male. Non a caso, nella “Città delle ombre”, Melanie è mossa soprattutto dal desiderio di salvare il fratello e di vendicarsi di chi l’ha rapito. Poi dentro di lei si verificano dei cambiamenti, grazie all’amicizia, al senso di lealtà e alla stima che nascono nei confronti di Diana e Travis, ma all’inizio la molla che la spinge è molto concreta e personale.

D: Passiamo all’attualità. E qui vado sul polemico. C’è un mondo intero in lotta con una pandemia (per la felicità dei Deus Ex Machina usati da Manzoni e Follet) e la televisione continua a proporre programmi spazzatura. Secondo te, è un sistema per aiutare la gente a evadere o per aiutarla a rinchiudersi?

R: Probabilmente è solo un modo per non interrompere un sistema in atto da anni. Come hai detto tu, la televisione sta continuando a fare ciò che già faceva. All’inizio della pandemia si sperava che, insieme alle enormi difficoltà, questo periodo ci avrebbe reso un po’ più seri, saggi e mentalmente aperti, ma direi che non è accaduto. O per meglio dire, non è accaduto come tendenza generale. Sono sicuro che alcune persone hanno approfittato dei mesi appena trascorsi per migliorarsi, per dedicarsi più intensamente alle cose che amano, per lasciare più spazio alla cultura e alla fantasia nella loro vita. A livello più ampio, però, vedo le stesse brutte abitudini di prima, quindi non mi stupisce che anche la televisione segua questo andazzo.

D: Un’opinione molto saggia, credo, ma lasciamoci alle spalle la televisione ignorante e dedichiamoci a ciò di cui tutti i poeti hanno cantato per generazioni senza capirci comunque un tubo: l’amore. Credi che possano esistere amori così grandi da far cadere interi imperi? E che ruolo ha nei tuoi romanzi?

R: L’amore può ispirare cose eccezionali e di certo senza di esso non avremmo avuto la maggior parte delle opere poetiche e anche un bel po’ di quelle letterarie o artistiche in generale. È un argomento da cui tutti ci sentiamo toccati, quindi ha sia il potenziale per essere universale sia il rischio di diventare banale. In diversi miei romanzi non ha un ruolo di primo piano, è solo uno dei tanti possibili rapporti accanto a quelli familiari, di amicizia, tra compagni di lotta o tra mentore e allievo. Gli do rilevanza solo quando la storia lo richiede, ma devo ammettere che con il passare del tempo ho iniziato a inserirlo più spesso. Nelle storie che ho scritto negli ultimi anni, non ancora pubblicate, compare quasi sempre. Forse è un elemento che all’inizio mi creava più difficoltà, dovevo imparare a usarlo bene, per evitare il rischio di farlo risultare trito o forzato.

D: Una volta concluso il corteggiamento, come quello che tu hai fatto al tema dell’amore nei tuoi romanzi, spesso nei film scatta la scena hot, con tanto di vestiti strappati, tapparelle già socchiuse e case con luce ambient perfettamente pronte. Secondo te, perché in tutte le opere di fantasia la gente abita in luoghi già allestiti per un set erotico? Cioè, pensiamo alle luci soffuse. Bellissime durante certe cose, ma ti voglio vedere a leggere la bolletta del gas con una candela.

R: Beh, in una storia l’ambientazione ha funzionalità precise. Collocare una scena hot in un luogo banale o perfino squallido può aiutarti a raggiungere un obiettivo particolare, ma se invece vuoi stuzzicare gli spettatori o i lettori e far loro sentire le fiamme della passione è più facile e più efficace rimanere coerente con questo scopo. Ecco apparire le case pulite ed eleganti, con le luci giuste, senza vicini che fanno chiasso, insomma posti in cui il pubblico si dimentica dell’esistenza delle bollette e di ogni altro problema quotidiano. Conta l’atmosfera. Come ad esempio in qualche scena da film o telefilm in cui vediamo il caminetto acceso anche se è luglio e i protagonisti vivono sulle spiagge della California.

D: I notissimi camini californiani. Parliamo un po’ di letteratura dai. Qual è secondo te il libro più bello che sia mai stato scritto? E qual è quello che vorresti aver scritto tu?

R: Non so mai cosa rispondere a domande come questa, di solito tiro fuori “Il Maestro e Margherita”, che è un grande libro, anche se non lo definirei il più bello della storia del mondo. In realtà penso che questa sia una medaglia che non si può appendere al petto di nessuno scrittore, perché rappresenta un giudizio troppo definitivo. Anche la seconda domanda non è facile. Se pensassi al conto in banca ci sarebbero alcuni libri che conosciamo tutti e che sarebbero davvero un ottimo affare. Ma seguendo il cuore non saprei… Forse mi piacerebbe essere qualcuno come Lovecraft, che è riuscito a creare un intero corpus letterario a cui lettori e autori continuano a tornare alla ricerca di spunti e che quindi esercita a distanza di tanti anni un’influenza ancora forte e soprattutto feconda. Purtroppo lui in vita non diventò né ricco né famoso, quindi non stupiamoci se un giorno tornerà fra noi con l’aspetto di una colossale divinità tentacolata, deciso a vendicarsi!

D: Se torna coi tentacoli, io propongo spiedo e griglia e via. Raccontaci un po’ di te. Quali sono le tue passioni al di fuori della scrittura? Cosa ami fare? Come riesci a resistere alla vacuità della vita e al cinismo dell’uomo moderno?

R: Una vecchia pubblicità suggeriva di bere un liquore “contro il logorio della vita moderna”… Forse può funzionare, ma consiglio altri sistemi. Ovviamente amo molto la lettura, ma anche il cinema e la musica. Per rilassarmi mi piace passeggiare, meglio se in mezzo alla natura o comunque in un posto tranquillo, e approfittare dell’occasione per scattare qualche foto. Credo che il modo migliore per opporsi alle brutture e conservare l’ottimismo sia imparare a godere delle piccole cose, sentirsi in armonia con l’ambiente, immergersi nell’arte, trascorrere un po’ di tempo insieme a chi ci fa stare bene o anche da soli. Per tutto il resto c’è la scrittura. Aspetta, forse anche quest’ultima frase ricorda un po’ una pubblicità.

D: Dicci un pregio e un difetto di Paolo. E un pregio e un difetto di Fumagalli. E un pregio e un difetto di Paolo Fumagalli.

R: Paolo è riflessivo e riservato, ma purtroppo questo lo rende anche introverso e non sempre facile da raggiungere. Fumagalli è serio e scrupoloso, però ogni tanto si preoccupa troppo. Paolo Fumagalli ha un nome molto normale, non buffo o strano, ma sai quanti altri lo condividono? Se mi cerchi su internet, saltano fuori anche docenti, artisti e liberi professionisti che hanno tutti il mio stesso nome!

D: In effetti come nome gronda milanesitudine. Per mantenere la tradizione vogliamo vederti fidanzato con una Brambilla. Ultima domanda. Quella decisiva. Barbaro nerboruto in bikini di maglia o bellona smilza in armatura completa?

R: Un barbarO nerborutO in bikini? Uhm, non fa per me! Sulla bellona preferisco una via di mezzo: non troppo smilza e con le giuste curve, con indosso qualche pezzo d’armatura che oltre a essere efficace faccia un bell’effetto estetico e non la renda simile a un palombaro. Non sono fissato con il realismo di armi e armature in un contesto fantasy, anzi! È giusto evitare gli eccessi ridicoli, ma su questo argomento i dettagli troppo tecnici e la credibilità esasperata non mi interessano.

DANIELE: E con questa digressione sull’estetica e sulla moda nei mondi fantasy vi salutiamo. Sempre che non vogliate anche voi un bikini in cotta di maglia. Ve lo recapitiamo a casa col logo DZ da una parte e la foto del vostro autore preferito dall’altra. Scherzi a parte, grazie per essere stati con noi e buon proseguimento di giornata. E ricordatevi. Avete la mascherina, quindi siete tutti eroi.

Un abbraccio

Daniele Viaroli