Chiara Casalini con Francesca Pace, foto di Elena Galati Art

Buoni sogni a tutti, anche se data l’ora non è il caso.

Però noi di sogni ci occupiamo, a volte anche di racconti sognanti, come quello che ci porta l’ospite di oggi: Chiara Casalini.

E’ da poco uscito il suo primo romanzo pubblicato da DZ Edizioni, Nika, e con lei parleremo dell’Oltre, di imprevedibilità, di inganni e di lame.

Signore e signori, Chiara Casalini!

Raccontaci il tuo sogno.

Ormai camminava nel buio dell’Oltre da un po’, non aveva fiutato ancora nessuna preda e la noia si faceva incalzante. L’espressione del volto rivelava la sua tensione, quel desiderio di azione insoddisfatto che le tendeva le labbra in una nota di contrappunto, mentre lo sguardo restava affilato come un rasoio. Nonostante la sua attenzione, lui le comparve davanti come dal nulla, una decina di passi, eppure non ne percepiva l’odore e la sua presenza si faceva sentire solo ora.
«Chi sei?»
Le domandò diretto, nessuna inflessione nella sua voce quasi atona.
«Nessuno.»
«Che ci fai qui, mia giovane Nessuno?»
In un istante decise che quello strano essere dovesse essere di sesso maschile, eppure era quasi impossibile decifrare la cosa dai suoi lineamenti, con gli occhi coperti dai lunghi capelli che gli scendevano fino a metà schiena. La sua pelle era grigia, con ombre più scure che le ricordavano i riflessi dell’acciaio, così anche i suoi capelli, in un tono lievemente più scuro.
«Passeggio.»
«Allora forse ti sei persa nel buio?»
«Uhm…non mi ero accorta fosse buio.»
Gli occhi di lei brillarono un istante, spiccando nell’oscurità di quel piano. Le labbra perfette di lui si tesero in un sorriso e per un istante lei restò ad osservare quell’arco.
«Capisco.» dichiarò dopo un istante e, da sotto i capelli, balenarono le sue iridi come fossero specchi argentei «Vuoi che ti faccia da Cicerone prima di arrivare al dunque?»
Parlando la creatura si esibì in un inchino cordiale e il movimento ampio del braccio e della mano destra incantavano per tanta morbidezza e fluidità.
«Non credo di averne bisogno» replicò lei, ricambiando il gesto con un sorrisetto beffardo «Credo di sapere esattamente dove siamo.»
«Peccato, avrei conversato volentieri per un po’. Non capita molto spesso di trovare buona compagnia.»
«Non ne dubito, non siamo in molti a spingerci ancora fino a qui.»
«Ancor meno quelli della tua razza.» sottolineò lui, riportando la schiena diritta e tornando a fissarla.
«L’apparenza inganna, anche se per poco, vero?»
«Sì, per qualche istante ho creduto di aver davanti una giovane donna.»
«Se ti può consolare, per un po’ anche io avevo dimenticato come si muovono quelli della tua razza.»
Il sorrisetto di lei divenne un ghigno gelido, mentre i suoi occhi sembravano aver ormai puntato la preda.
«Magra consolazione, avrei potuto approfittare della cosa, invece dovremo scontrarci direttamente.»
Lei passò la lingua sulle labbra, quasi fosse un animale che già pregustava il primo morso affondato nelle carni del suo pasto.
«Sarà più divertente. Al tre?»
Lentamente la mano si spostò fino a stringere l’impugnatura della spada, sistemata sul fianco sinistro. La risposta fu un cenno di assenso del capo che fece ondeggiare la folta chioma della creatura, accompagnando il gesto con un verso appena percettibile.
«Uno…due…»
Non fece in tempo a dire “tre” che lui era già scattato e arrivato a portata di lama.
«Tre» disse quando, avanzando a sua volta, lei si trovò alle sue spalle, con la lama che placava già il suo Fuoco, lasciando ricadere gocce nere a terra.
Si voltò a guardare il corpo inerme scosso dagli ultimi spasmi che lentamente diveniva cenere.
«Avevo detto che me ne ero dimenticata per un po’, vero?» sogghignando soddisfatta «Ora non mi resta che trovare il resto dei tuoi compagni per comunicargli che la loro vedetta ha fallito.»
Un fruscio quasi impercettibile fu l’unico suono che accompagnò la lama nel fodero, mentre ora lei sembrava sapere esattamente dove andare.

Cos’è l’Oltre nella tua vita?

L’Oltre è il mio “angolino buio”, quello dove la realtà diventa il mondo di “Alice nel paese delle meraviglie”, dove cerco il cuore e la sostanza del mio quotidiano per dargli un senso alternativo, non comune, per tornare poi a costruire qualcosa nella “normalità” ordinaria.

Ti trovi mai in una condizione di azione insoddisfatta? Come vivi queste situazioni?

Sì, capita e per carattere mi rode tremendamente, sono un tipo sanguigno non posso negarlo, e mi arrabbio in primis con me stessa. Mi ci vogliono un po’ di esercizi di respirazione e, magari, uno scambio con persone fidate per evitare di auto-demolirmi (quando possibile anche uno sfogo fisico e in questo l’Aikijutsu mi è stato utilissimo). A quel punto scatta la molla della rivalsa: fare il doppio, il triplo, superare i miei limiti e cercare la mia soddisfazione concretizzando qualcosa che mi faccia sentire “fiera di me”.

Le persone nascondono aspetti imprevedibili. Cosa ne pensi?

Le persone sono come diamanti con mille facce, che brillano solo quando illuminate da una luce, altrimenti restano in ombra e in attesa. L’imprevedibilità è il bello e il rischio che si decide di affrontare nei rapporti inter-personali; a volte è molto più triste l’assoluta prevedibilità che alcuni decidono di vestire per non uscire dal proprio standard mentale e dall’idea che si sono costruiti di se stessi.

Qual è il tuo lato imprevedibile?

Tutto? Le uniche cose dove sono assolutamente prevedibile sono: la mia tradizione, il mio concetto sia ideologico che pratico di giustizia (sempre legata al concetto tradizionale che seguo), libertà e fedeltà a me stessa in primis. Per il resto, non ponendomi limiti e amando parlare per esperienza e non per sentito dire, tendo ad essere imprevedibile perché potrei fare e scegliere tutto e il contrario di tutto (lo sanno bene i miei amici).

Ti piace giocare?

Sì, decisamente.

La linea di confine tra gioco e inganno può essere sottile, così come nel sogno/racconto che ci hai narrato?

No, il confine tra gioco e inganno è una linea netta come un taglio di spada, ma a volte si sceglie di chiamare gioco l’inganno per mantenere la lucidità necessaria a muoversi per contrastarlo, seppur questo renda tutto più confuso agli occhi di chi è esterno. Khaylen conosce bene il confine, ma scegliendo di combattere in un dato mondo, utilizza quel linguaggio e quel vocabolario.

Cosa significa lottare?

Per me lottare è vivere, perché non si accetta passivamente gli eventi, ma si sceglie di plasmare la propria vita momento dopo momento, scelta dopo scelta. Non conosco un modo diverso di vivere in effetti.

Quali sono le tue armi?

Anima, cuore, mente e lame varie.

Le lame ricorrono spesso, perché proprio queste armi?

Non lo so, ho la passione per spade e coltelli da quando ero bambina, non ricordo un momento preciso da incolpare. La spada per me è un’arma nobile, se chi la usa ha onore e anima queste si riflettono nella sua lama; per un combattimento di spada devi essere faccia a faccia col tuo avversario, non ti puoi nascondere, ti devi confrontare con la morte. Certo, puoi sempre attaccare alle spalle, ma è la regola dell’agguato e non del duello. Le lame tagliano, se sono buone lame, se hanno un’anima, il taglio è netto e tracciano il confine tra la vita e la morte.

La lama divide, cosa usi per unire?

La lama divide e protegge, ciò che unisce è il cuore, l’Amore, quello con la A maiuscola.

Una chiusura perfetta per questa intervista. Grazie Chiara!

Daisy Franchetto

Il romanzo di Chiara Casalini