Parafrasando il titolo della famosa commedia di Oscar Wilde, prendo spunto di un aspetto importante dell’essere Autore, ovvero il “giocare onesto” con il proprio Lettore.

Per strutturare una buona storia diventa fondamentale non scoprire tutto e subito, del proprio plot. Tuttavia, diventa altrettanto importante dare al Lettore tutti gli strumenti per godersi il testo e arrivare a un punto dicendo “Ehi, questo lo avevo capito!” oppure un ancor più meraviglioso “Me l’ero immaginato!”.

Questo equilibrio non è del tutto scontato ed è facile approfittare dell’essere un narratore onnisciente per giocarsela un po’ come si vuole.
Vogliamo fare un esempio, per capire di cosa parliamo?

Partiamo dall’esempio più classico: il deus ex machina.
Ho detto classico perché il suo utilizzo risale all’antica grecia, dove i drammaturghi, dopo una trama particolarmente complicata e irrisolvibile, facevano discendere la divinità con la “machina” (di solito un carrello su ruote tirava in scena l’interprete della divinit‡ oppure veniva calato sulla scena con un sistema di carrucole) a risolvere tutto con il suo potere praeternaturale.
Una soluzione facile: una divinità può tutto!
Per questo già i greci avevano capito che l’utilizzo di un simile espediente era poco “raffinato”.

L’altra tecnica è quella del depistaggio dal personaggio chiave.
Qui mi rimetto alla mia esperienza personale con Mrs Agatha Christie e Isaac Asimov, entrambi abili utilizzatori di questo espediente. Ma come funziona?
A un certo punto della storia uno dei protagonisti sparisce dalla scena con un motivo “plausibile” ancorché non esente da dubbi.
Dieci Piccoli Indiani e Sipario, l’ultimo caso di Hercule Poirot sono un valido esempio per Mrs. Christie, mentre i cicli asimoviani hanno una figura che saltuariamente scompare e riappare lungo la millenaria storia della popolazione umana.

Un altra segnalazione speciale la meritano i viaggi nel tempo.
Da quando Wells lo ha sdoganato come “possibile”, Ë stato usato e abusato in ogni sua accezione e sfumatura. Quando le cose si mettono per il verso sbagliato, ecco che salta fuori un bel balzo temporale che permette di “non compiere quell’errore” o di “raddrizzare quel torto”.

La sostanza di questo ragionar insieme è che a volte si rischia di rovinare un bello scritto con una soluzione finale poco “onesta” nei confronti del Lettore che ci ha seguiti sino a quel momento.
Questo significa che non è sbagliato utilizzare i metodi sopra descritti, ma che per farlo è necessario operare a livello globale su tutta la propria opera.
Dieci Piccoli Indiani funziona divinamente, quando nei cicli asimoviani quella figura riappare dal nulla tiriamo un sospiro di sollievo e sorridiamo, quando arriva l’essere ultraterreno che giaceva in una voluta del tempo sentiamo che tutto sta andando a posto.
Come tutti gli elementi di un romanzo, è importante che risulti “coerente” a tutto il resto del racconto e non una soluzione raffazzonata sul momento per chiudere la questione in sospeso.

Quando scriviamo un’opera che verrà pubblicata, prima deve piacere a noi.
Ma non dimentichiamoci mai del Lettore e giochiamo onesti, con lui: ce ne sarà grato e si divertirà.

Be Honest… ever!

 

J.River